La Settimana Santa nel resto della Sardegna

Proseguiamo il nostro viaggio nello spazio e nel tempo: lasciata Cagliari, andiamo alla scoperta delle tradizioni pasquali nel resto dell’isola. Buona lettura.

Iniziamo questo percorso da un rito davvero peculiare: unico è “su iscravamentu” a Ottana, località nella quale il Venerdì Santo – nella cattedrale di San Nicola, fatta erigere tra il 1140 e il 1160 – il Cristo è deposto dalla croce, mentre la voce del tenore intona i versi di una delle poesie “in limba” più care agli ottanesi, “Sa Cantzone de sa Vida Santa“, una canzone scritta nella prima metà dell’Ottocento dal poeta pastore Giuseppe Soru, contadino e figlio di contadini, analfabeta, dal talento limpidissimo e capace di comporre e improvvisare splendidi e potenti versi. La canzone è il racconto dei fatti accaduti dalla creazione dell’universo fino alla Resurrezione.

Ecco poi che Giuseppe e Nicodemo, con tre tocchi al portone principale della chiesa, chiedono di poter entrare. Il sacerdote dà ordine di aprire il portone e li invita a inchinarsi davanti alla Vergine.

Non ci sono altri personaggi, non ci sono altri protagonisti. La corona di spine e i chiodi sono deposti in “s’affluente”, il piatto che, durante i festeggiamenti del Carnevale, è usato quale strumento per suonare “su ballu ‘e s’affluente”. Il corpo del Cristo martoriato seguito dai fedeli è portato davanti alla madre Maria.

Il paese di Cuglieri, in provincia di Oristano, rievoca i riti della Settimana Santa attraverso le processioni e i canti solenni delle cinque “cunfrarias”, le confraternite del Convento, del Carmelo, di San Giovanni e del Rosario, cui si unisce la folla proveniente dai paesi circostanti. La ricerca di Gesù si svolge per le chiese di tutto il Paese, la cosiddetta “chilcas“. Qui risultano evidenti le influenze spagnole dell’iconografia delle statue portate in processione, tra cui la “Vergine dolente”, protagonista delle celebrazioni.

La settimana santa a Iglesias più di ogni altra rievoca l’atmosfera dolorosa della tradizione pasquale spagnola. Nella città che prende il nome dalla presenza di tante chiese (il toponimo “Iglesias” proviene da “Villa di Chiese”), le processioni ricalcano fedelmente la liturgia seicentesca iberica, come ben testimoniano i “baballottis“, impersonati da adulti e bambini che, nell’antichità, rappresentavano “i disciplinanti”, spettrali, con volti coperti e lunghe vesti bianche, che accompagnano la statua della Vergine per le strade del centro storico alla ricerca di Gesù nel Giovedì Santo.

La processione del Descenso rappresenta il principale momento del Venerdì Santo: il corteo, accompagnato dal rumore dei tamburi e delle baracche, recita il rosario e segue la statua della Madonna, straziata dal dolore, lungo le strade, insieme alla statua del Cristo defunto, San Giovanni, La Maddalena e “is varonis” (i nobili Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea) e “is vexillas”.

Una delle più importanti processioni dedicate ai riti pasquali in Sardegna si svolge a Castelsardo, dove la Confraternita dell’Oratorio di Santa Croce sfila con i Misteri che raffigurano la Passione, la Crocefissione e la Deposizione di Cristo. Sotto il castello dei Doria, la processione procede lentamente accompagnata dai cori gregoriani, creando un’atmosfera senza tempo.

Pasqua è fede e tradizione, cultura e riti che si intrecciano. A Orosei, gli altari delle chiese sono addobbati con i tipici “nenneros”, fiori, palme e rami d’ulivo. Ai riti di origine iberica si sovrappongono elementi che provengono dalle più antiche tradizioni campidanesi, lugodoresi e barbaricine.

A visitare le chiese sono i fedeli delle Confraternite della Santa Croce, delle Anime e del Rosario, protagonisti di due importanti processioni. Con le loro caratteristiche tuniche bianche si svolge, nella giornata del Venerdì Santo, “su brossolu”, i cui protagonisti sono la Vergine Dolente e il Cristo Deposto dalla Croce.

La domenica di Pasqua avviene “s’incontru”, l’incontro tra Gesù risorto e la Vergine sua madre.

Alla mestizia dei riti del Venerdì Santo si contrappone la gioia incontenibile delle celebrazioni della domenica, con la folla esultante e i “Magnificat” del coro polifonico locale “Su Concordu”.

La grande tradizione culinaria della Sardegna si esprime nel periodo pasquale attraverso una serie di ricette tipiche, a partire dal pane, detto “su coccoi”: cibo, in tempi passati, proprio della Pasqua, è oggi consumato anche in altre occasioni durante l’anno. S tratta di un pane di semola di grano duro, con una crosta dorata e croccante e una mollica bianca molto compatta.

Un secondo piatto che non ha bisogno di presentazioni è quello delle “pardule”, forse il dolce sardo più conosciuto e amato: sono piccole tortine di ricotta e formaggio, zafferano, scorza di arancia e di limone.


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