#SardegnaVSRestodelMondo: cassoeula e cassòla
Se Cascina Ovi è un ideale punto di incontro tra Milano e la Sardegna, c’è una parola che tra questi due mondi è a sua volta un punto di scambio. Anzi, le parole sono due: cassoeula e cassòla.
Conosciamo tutti, per lo meno di fama, il tradizionale (e calorico!) piatto lombardo: la cassoeula. Cassoeula fa rima con “inverno”, “calorie” e “varietà”. La varietà è tale anche nel nome: questo piatto è chiamato cassoeula o cazzoeura a seconda delle zone, ma qualcuno, dal francese potage, utilizza al termine bottaggio. Nel tempo anche la preparazione ha subito delle variazioni: oggi si usa più comunemente sgrassare le varie componenti prima dell’assemblaggio finale, cosa che in un passato anche recente sarebbe sembrata blasfemia.
La cassoeula
Un “vero milanese” (™) mangia cassoeula anche in piena estate; ma in generale è un piatto decisamente invernale. Nulla, infatti, rende la verza (uno degli ingredienti principali di questo piatto) saporita e dolce al punto giusto come brevi giornate e lunghe nottate al gelo. Accanto alla verza c’è l’ingrediente principe, sua maestà il maiale: cotenna, salsicce, piedini, orecchie, costine e, per i più intrepidi, la testa. Questo trionfo di sapore (e di calorie) è nato per la festa di Sant’Antonio Abate (17 gennaio), che coincide con la fine del periodo della macellazione dei maiali, di cui esistono numerose varianti in tutta la Lombardia.
La cassòla
Simile solo foneticamente è la cassòla sarda: muggini, seppie, saraghi, pesci San Pietro, polpi, scorfani, vongole e qualsiasi altra meraviglia del Mediterraneo possono rientrare nella lista degli ingredienti. Non mancano ovviamente i pomodori e i crostoni di pane abbrustolito, gli spicchi d’aglio e il peperoncino, prezzemolo, basilico, sale, pepe e un paio di cucchiai di olio extravergine, di quello buono.
Ecco la ricetta completa. Il risultato? La meraviglia che vedete in foto.