La polemica dei ristoranti a San Remo

Qualche riflessione su un fatto di (secondaria) attualità che parte da premesse, a nostro avviso, totalmente sbagliate.
Questa, amici, è davvero il colmo.
Immaginate una polemica esplosa all’incrocio di due grandi passioni nazionalpopolari degli italiani: la ristorazione e Sanremo.
Ecco, sappiate che una tale polemica è appena scoppiata: Gambero Rosso ha appena pubblicato, citando Il Secolo XIX, un articolo che racconta «la guerra tra ristoranti» che si sta combattendo nella città del Festival perché «qualcuno ha abbassato troppo i prezzi», creando «un effetto discount e un danno per la città».
Al centro della contesa, le convenzioni tra alcuni ristoranti e le case discografiche per menù a prezzi calmierati.
Ci tocca dunque tornare, per l’ennesima volta, sulla questione prezzi.
Manco a dirlo, neppure questa nuova querelle centra il punto.
E il punto è quello che provo a spiegare nelle prossime righe.
[Attenzione: quello che leggerete non è un discorso elitario, ma democratico; non è un discorso assoluto, ma relativo a ogni fascia di prezzo.]
Noi siamo ristoratori, giusto?
Il nostro obiettivo dovrebbe essere farci scegliere per la qualità della nostra cucina e non per quanto il nostro cibo sia scontato alla cassa, giusto?
Bene.
Ci sono tipologie di ristoranti per tutte le fasce di prezzo: ciascuno sceglie dove andare a mangiare a seconda della propria possibilità e volontà di spesa.
Nell’ambito della propria fascia, ciascun ristoratore dovrebbe puntare a proporre il meglio possibile in termini di qualità, personalità e creatività.
E le promozioni? Vanno benissimo, ci mancherebbe. In occasioni specifiche, per tempi limitati e con un obiettivo chiaro.
Poi, però, si ritorna alla questione fondamentale: io, ristoratore, verrei a mangiare “da me” se fossi un cliente?
Da sempre, qui a Cascina Ovi ci impegniamo, giorno dopo giorno, per rispondere «sì» a questa domanda.
Il prezzo viene dopo.
Francesco.