Storia dei sapori di Sardegna dalla preistoria a… Cascina Ovi

La Sardegna offre un’ottima cucina dalle caratteristiche mediterranee, che affonda le sue radici in una storia millenaria. Si tratta di una cucina variegata, sia di mare, peculiare del capoluogo, sia, soprattutto, di terra.

La cucina isolana presenta combinazioni semplici e al contempo complessi sapori, in questo favorita da un clima mediterraneo mite, ideale anche per la produzione di materie prime uniche e genuine. Ancora oggi questa cucina riesce a preservare intatte, e insieme rinnovate, conoscenze antiche quanto la civiltà, arricchite e contaminate dalle culture dei popoli dominatori: fenici, punici, romani, genovesi, pisani, catalani, spagnoli, piemontesi.

La tradizione pastorale ha dato origine a una varietà sorprendente di prodotti tipici, nati non soltanto dalla presenza di materie prime connesse all’attività stessa, ma anche dalla necessità tipica di ogni cultura pastorale di vivere, a lungo, isolati. Una cucina, quella sarda, povera e – non sembri un ossimoro – raffinatissima: trova e trovava il proprio palcoscenico in momenti solenni e di convivialità quali fidanzamenti, matrimoni, battesimi, la tosatura delle pecore, il momento della raccolta del grano e quelli di festa paesana. Questa cucina si contraddistingue, soprattutto, per la sua stagionalità, facendo emergere l’importanza di variegate attività quali la pastorizia, l’agricoltura e la pesca, sviluppate già dai tempi più antichi.

Spuntino alla sarda a San Sperate.

Pare che una antica salsa di pesce di aceto e miele, molto apprezzata anche dai patrizi romani, provenisse proprio dalla Sardegna: lo provano scavi effettuati nella zona del porto di Cagliari, che testimoniano come le antiche popolazioni delle coste cagliaritane non abbiano mai interrotto i loro rapporti con la pesca e con il mondo marino.

La Sardegna ha una particolare conformazione geografica dettata dalla posizione isolata nel Mediterraneo e dalle sue diverse caratteristiche storiche, capaci di racchiudere diverse anime gastronomiche. Questa regione possiede, così, una cucina di terra influenzata da ben duemila di coste. È abitudine comune associare la Sardegna ai suoi piatti e vini più conosciuti, quali il maialino da latte arrostito, il porcetto, le “solari” seadas, il mirto e il “mitico”, perché spesso associato alla nota longevità dei sardi, cannonau. Ogni zona della Sardegna possiede una sua cucina tipica, che si basa su prodotti peculiari e tradizioni tanto contadine quanto pastorali e talvolta marinare.

Arrostendo il porcetto a Santadi.

Tra i piatti più significativi ecco i culurgiones di patate, ravioli dalla caratteristica chiusura “a spinta”, realizzati con semola di grano duro e acqua. Esiste una versione, che è quella tipica dell’Ogliastra, che comprende un ripieno di patate, aglio, menta e pecorino freschissimo, conditi con sugo di pomodoro fresco e con l’aggiunta di pecorino stagionato grattugiato.

Un perfetto connubio è dato dal gusto delicato del ripieno di patate e dal formaggio, che si sposa con la salsa. Un’altra vera e propria squisitezza è costituita dai malloreddus, conosciuti sul continente come gnocchetti sardi, preparati con semola di grano duro e tradizionalmente aromatizzati con zafferano. Sono conditi “alla campidanese”, con sugo di salsiccia. Tra le ricette tipiche figura la variante con “casu furriau”, un formaggio fuso, e zafferano. Nel Sassarese sono noti anche come “cigiones”, nel Nuorese come “cravaos”.

Un tipico piatto di cucina di mare – agrodolce, a base di gattuccio – è rappresentato dalla burrida: il gattuccio è un piccolo squalo cotto e condito con olio, aceto, aglio, noci e spezie. Il risultato è un piatto dalla consistenza tenerissima, accompagnato da una salsa agrodolce, cremosa e molto saporita, che ne fa un piatto di eccellenza, anche se tra i meno conosciuti della cucina sarda. Di grande bontà, sempre nel campo della cucina marina, sono gli anemoni di mare, ovvero le orziades, pescati e passati nella semola e, quindi, fritti. Presentano dei tentacoli urticanti nel loro ambiente marino ma, una volta pescati, perdono il loro potere urticante e possono essere gustosamente assaporati. Le orziades sono per lo più mangiate calde e hanno una consistenza simile alle ostriche.

Mare, ma anche terra: in questo secondo contesto protagonista indiscusso è il porcellino, maialino da latte del peso di quattro o cinque chili di peso. È cotto lentamente allo spiedo e aromatizzato dopo essere stato cotto con mirto o rosmarino. Si tratta di un classico della cucina pastorale sarda.

Prodotti della terra.

La tradizione pastorale sarda è anche rappresentata dal celebre pane carasau. Presenta fogli croccanti, alternati su un piatto di portata con strati di sugo di pomodoro e pecorino stagionato. Il piatto si presenta come un millefoglie salato bagnato, alla fine, da un brodo di pecora caldo e completato da un uovo in camicia, cotto nello stesso brodo.

Due paesi sardi, Assemini e Oschiri, legano la loro tradizione alle panadas, una preparazione caratterizzata da un guscio di semola di grano duro, olio, acqua e sale, utilizzato per foderare uno stampo in metallo e terracotta. Al suo interno è presente un ripieno realizzato a crudo, con prodotti parzialmente cotti. Esiste poi una variante della panada con interno a base di carne di agnello o manzo, patate, carciofi, pomodori secchi e prezzemolo.

Una tradizione millenaria, quella della cucina sarda: l’abbiamo detto. Oggi a Cascina Ovi, non in Sardegna ma a Segrate (Milano) proponiamo una che affonda le sue radici nel territorio dell’antica Ichnusa, pur rivisitata e rinnovata. Non un ristorante sardo, no: ma senz’altro il ristorante di un sardo.

Mara Martellotta.


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