A Orune, la “Cappella Sistina” della Barbagia

Alla scoperta di un gioiello architettonico e artistico della Sardegna ancora poco conosciuto.

È un paese antico e chiuso, dove permangono (…) gli usi, le abitudini, i costumi, le tradizioni popolari più lontane, e l’intelligenza e il valore di una vita tanto più energica quanto più limitata, piena di capacità espressiva, di potenza individuale e di solitudine.

Con queste parole Carlo Levi descriveva, in “Tutto il miele è finito” (1964), il borgo di Orune. Restano ancora in parte vere le parole del grande scrittore torinese: Orune custodisce ancora, gelosamente e orgogliosamente, molte delle tradizioni e la vita autentica della Sardegna. Custodisce, inoltre, un tesoro che si temeva perduto e che è stato recentemente riscoperto, che merita una visita e una pagina nello spazio virtuale del nostro sito.

Parliamo della Chiesa di Santa Maria Maggiore, chiamata anche Nostra Segnora de sa Nivada (Nostra Signora della Neve), Santa Maria o Santa Maria Bella: ammirandola dall’esterno, con la sua sobria e severa facciata neoclassica, il visitatore si chiederà perché abbia meritato l’altisonante soprannome di “Cappella Sistina della Barbagia“. Provi dunque a entrare: costruita tra il 1847 e il 1855, la chiesa è stata presto decorata dall’artista cagliaritano Antonio Caboni con affreschi sorprendenti per qualità pittorica e potenza narrativa. Le pareti e la volta della chiesa sono un tripudio di colori e storie, di scene evangeliche che hanno, in effetti, tra i modelli le poderose figure michelangiolesche. Gli affreschi sono stati riportati alla luce dopo otto anni di restauri, con interventi che si sono susseguiti dal 2003 al 2011. Anche la navata della chiesa è decorata a fresco da Caboni, che ha realizzato a Orune uno dei massimi capolavori suoi contemporanei un tutta l’isola.

Questo tesoro vale di per sé una visita a questo borgo in provincia di Nuoro, a 800 metri sul mare, incastonato come una gemma tra le cime di tre montagne. Proprio da montagna, “oros” in greco, qualcuno fa derivare l’etimologia del toponimo. Quel che è certo è che da Orune lo sguardo può spaziare, come da un belvedere, dalla Barbagia alla Baronia, dal Logudoro alla Gallura, tra alture di granito e vallate, tra lecci e quelle sughere che, da secoli, costituiscono una delle ricchezze del paese. Un paese che, ripetiamo, vale una visita.


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