Tutta la Sardegna… in filigrana

Intervista a Cinzia Conforto, titolare de Il Prezioso di Cagliari, protagonista in occasione della nostra serata sarda di una mostra dedicata alla gioielleria dell’isola a forma di impronta.

Cinzia Conforto è una piccola grande enciclopedia: contiene in sé conoscenze profondissime non soltanto in tema di gioielleria in filigrana, ma della storia millenaria della Sardegna.

La voce calma e chiara, i contenuti profondi e sorprendenti: è stato un piacere intervistarla.

Anzitutto, chi sei? E che tipo di boutique è Il Prezioso?

Sono la titolare de Il Prezioso gioielleria e sono, da sempre, appassionata dell’arte della filigrana in gioielleria. C’è una tradizione millenaria che accompagna questi meravigliosi gioielli. Lavorare con passione significa anche ricercare personalmente, presso le varie e diverse botteghe, le migliori lavorazioni: è quello che faccio da anni, giorno dopo giorno. Sono io stessa creatrice di gioielli in prima persona (uso molto le pietre dure, il corallo e le perle, oltre ai metalli preziosi), ma non rinuncio alla grande possibilità di espressione creativa che questo lavoro costante e appassionante di ricerca dona.

Qual è la storia della tua boutique?

Idelma Mussoni, mia madre, aveva un sogno: aprire un negozio di gioielleria. Lo realizzò nel 1987, quasi quarant’anni fa, nella centralissima via Garibaldi a Cagliari. Da lei ho imparato tutto. Questo luogo, la cui conduzione ho ereditato con orgoglio, è diventato casa per noi e un punto di riferimento per tanti cagliaritani. La filigrana è sempre stata al centro del progetto imprenditoriale della nostra famiglia: perché ha un fascino particolare, senza dubbio; ma anche e forse soprattutto perché ci permette di raccontare a tante persone il significato di ogni singolo pezzo, la sua tradizione e la sua provenienza. Sono spesso gioielli che arrivano da molto lontano: dal passato profondo della Sardegna.

Il Prezioso è più di un negozio: è un luogo speciale. Che cosa, in particolare, lo rende tale?

Il Prezioso è speciale perché speciali sono i gioielli in filigrana: molto più di semplici ornamenti, sono semmai paragonabili a opere d’arte uniche, nelle quali mani esperte di artigiani filigranisti riversano abilità manuale, perizia, fantasia, talvolta virtuosismo. Ogni creazione, di stile tradizionale o innovativo, ha tutta la potenza di una storia narrata, di una leggenda raccontata. In ciascuno di questi manufatti batte un cuore: quello della Sardegna.

Paola Ibba, la Sarda al Nord, ci ha mostrato e raccontato la dimensione di sardità che esiste nella pasta fatta a mano: c’è qualcosa di simile anche nella gioielleria in filigrana?

Citerò, tra i molti possibili, due gioielli in particolare: il bottone tipico sardo e la fede sarda. Se cercate storia e significato in un gioiello, cercateli qui. Questi manufatti parlano, per simboli, di abbondanza e prosperità. Sono i gioielli che tutti conoscono come rappresentativi della nostra amata terra.

Raccontaci di più!

Hai mai visto un bottone sardo? Considera la sua forma, che rimanda alla forma del seno: c’è qui la dea madre, Gea la terra, la dea Tanit, l’eterno femminino. Questo gioiello rappresenta la maternità, la fertilità e dunque, per traslato, l’abbondanza e la prosperità. La fede sarda, invece, rimanda all’antica tradizione delle janas, fate che tessevano e filavano in oro le fedi che i futuri mariti avrebbero dovuto regalare alle proprie spose. All’interno vi sono piccoli chicchi, che rappresentano il grano e dunque, di nuovo, l’abbondanza e la prosperità. Nella nostra tradizione, le madri donano alle figlie la propria fede sarda, che passa di madre in figlia di generazione in generazione.

Che cosa desidereresti che chi indossa un tuo gioiello provasse o raccontasse?

Chi indossa un gioiello di filigrana tradizionale è come se viaggiasse nel tempo, visitando un passato ancestrale e ritornando nel presente con il bagaglio rappresentato dalle radici di una tradizione profonda. Le stesse tecniche di lavorazione sono antichissime: sfiorano e forse superano i 5mila anni.

Se tu fossi un gioiello, quale saresti?

Sicuramente “Su Lasu“: questè un gioiello speciale, che cresce con chi lo indossa. Consta di tre parti. La parte superiore è detta “Su Froccu” e si regala alla nascita della bambina. Rappresenta l’essere nubile. La parte centrale è detta “Sa Gioia” e si aggiunge quando la ragazza, cresciuta, si fidanza. La terza e ultima parte si chiama “Su Dominu” e completa il gioiello al momento del matrimonio. Al centro del ciondolo è incastonato un cammeo con il volto di donna: rappresenta la donna sposata. Quest’ultimo – sorpresa! – può essere utilizzato anche da solo. Durante le feste gli invitati riconoscevano la padrona di casa proprio perché indossava il “Su Dominu”: e la omaggiavano.

Su Lasu
Se tu non fossi sarda, il tuo modo di fare gioielleria sarebbe uguale o diverso?

Devo molto alla Sardegna. Ma conosco per esperienza di vita anche il nord: ho abitato ad Alessandria, dove la mia famiglia si era trasferita per lavoro, dai 4 anni ai 10 anni. La mia persona è il risultato di questo incrocio. Il mio approccio alla gioielleria in filigrana è senz’altro influenzato da questa mia storia personale. Ma non si limita a questo: per dire, ho in negozio pezzi stupendi creati da artigiani di Roma. Di certo per me la terra sarda ha qualcosa di peculiare, di magico e di spirituale: penso alle janas, alla loro leggenda (solo leggenda?) antica quanto la civiltà nuragica, ai tanti punti energetici presenti sull’isola, alle preghiere e ai riti della nostra tradizione, agli amuleti (su coccu) in onice o in ossidiana per imbrigliare il malocchio e benedetti facendo fumigare erbe e piante… ogni sardo nasce con qualcosa di peculiare in sé, nel proprio patrimonio genetico.

Quando hai prodotto il tuo primo gioiello?

Ero piccolissima, frequentavo l’asilo ad Alessandria: mia madre aveva una collana di corallo, che smontai e rimontai creando orecchini, una nuova collana, un anello e un bracciale usando del filo di rame. La mamma si infuriò, inevitabilmente: ma quel giorno, forse, segnò in qualche modo il futuro.

Chi sono i tuoi modelli? Non solo nell’oreficeria, intendo.

Le donne di famiglia sono stati i miei primi modelli: mia madre Idelma, forte e caparbia, come le donne sarde dell’entroterra sanno essere; mia nonna Dina, di origine veneta, determinata, di grande dolcezza e con un grande cuore nell’aiutare il prossimo. Una figura che non posso non citare è Rosi Sgaravatti: una donna di grande talento e carisma, un’imprenditrice che dirige un’azienda florovivaistica in terra sarda, conosciuta non solo in Italia, ma anche all’estero. Nutro grande ammirazione per le donne indipendenti e imprenditrici di se stesse prima di tutto. Mi fermo qui perché la lista è lunga e spazia anche in altri campi, come l’astrofisica, la ricerca scientifica, la letteratura, la spiritualità.

Se non ti fossi occupata di gioielli, che cosa saresti stata?

Sarei stata un’architetta d’interni. Ho studiato allo IED di Cagliari dopo il diploma. Poi la casualità (o forse il destino?) mi ha portato verso altre strade: ho lavorato, per esempio, per l’imprenditore Nicola Grauso, famoso in Italia per aver portato internet in tutte le aziende e in tutte le case italiane. Una mente geniale, proiettata nel futuro.

Quali sono le caratteristiche di un buon gioiello?

L’arte della filigrana si tramanda di generazione in generazione. Non tutti gli orafi sardi sono filigranisti: le mani che realizzano un gioiello devono racchiudere in sé esperienza, talento, creatività. Solo così può nascere un capolavoro, capace di creare sorpresa e ammirazione in chi lo indossa o ammira.

Quali sono le ragioni della reciproca simpatia e del reciproco affetto con Cascina Ovi?

Francesco, sardo di nascita, e Antonella, in qualche modo sarda di adozione, sono persone splendide. Il Prezioso e Cascina Ovi hanno qualcosa in comune: danno il meglio di sé nella valorizzazione delle eccellenze sarde. L’esposizione in Cascina, lo scorso sabato, della nostra filigrana sarda, il menù servito dagli chef del ristrorante e la pasta creata dal vivo da Paola Ibba, la Sarda al Nord, hanno toccato tutti i nostri sensi: vista, gusto, tatto.


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