L’uomo che vuole registrare i sogni

Dalle colonne sonore ai jingle per le radio, dalla pubblicità della Coca Cola all’esibizione a Cascina Ovi sabato 7 giugno 2025: nove domande a Mauro Colangelo.
Ha composto musica per film e per altri musicisti, sono suoi tanti jingle radio ormai entrati, si può dire, nell’orecchio dell’Italia intera (RTS, RTL 105, Monte Carlo e tante altre), ha composto musica per la pubblicità su entrambe le sponde dell’Atlantico (dalla FIAT alla Coca Cola). E ha, naturalmente, composto molto per un puro fine artistico. È Mauro Colangelo, gigante della musica che si esibirà, come batterista della Angelo Minoli Band, sabato 7 giugno per gli ospiti di Cascina Ovi.
Scrivere per sé, scrivere per un committente: sono due processi creativi diversi?
Comporre per sé stessi è molto più difficile che farlo per altri, A maggior ragione per me, che sono, in effetti, “il committente” più esigente che io conosca. Quando lavoro su un progetto che mi è stato affidato, ho delle tempistiche e delle linee guida da rispettare: il lavoro deve essere, prima o poi, considerato finito. Quando scrivo per un fine puramente estetico, invece, devo costantemente combattere con la tentazione di concedermi un’ultima limatura, che poi si rivela sempre la penultima. Un po’ come le sigarette di Zeno. La soluzione? “Ingannare” me stesso, imponendomi una deadline come fa un cliente con un fornitore, per arrivare a dire: ecco, ho finito. Il tempo è la dimensione fondante della composizione musicale.
Già, il tempo: quante ore di lavoro ci sono dietro un minuto di musica?
Un minuto di musica orchestrale (penso agli archi che ho recentemente riprodotto per un album di Marco Masini) richiede un tempo, in proporzione, lunghissimo (è un lavoro meticoloso e un po’ noioso), perché si tratta di ricreare il suono di un’orchestra senza avere, fisicamente presente, l’orchestra stessa: diciamo fino a un giorno di lavoro per fare tutto, dalla scrittura all’arrangiamento e dall’orchestrazione al mix. Ma solo perché sono specializzato in questo campo e, rispetto ad altri, decisamente veloce: diversamente, i tempi si allungherebbero ulteriormente. Per un minuto di colonna sonora per un documentario possono bastare alcune ore.
E come si fa a comporre un progetto lungo, che preveda – per dire – mezz’ora di musica o più?
Occorre organizzare e pianificare: non si può comporre, anche per limiti fisici (mi viene da dire: «per non uccidere le orecchie»), più di un paio di minuti al giorno in media. Progetti del genere sono nell’ordine di un mese di lavoro esclusivo.
Parallelamente all’attività di studio, c’è l’attività live; c’è il compositore e c’è il batterista: la batteria non è, immagino, uno strumento cui si approda per caso, come quando i genitori ti iscrivono al corso di piano…
Vuoi sapere quali sono state le mie prime bacchette? I mestoli rubati alla cucina di casa. Avrò avuto 5 o 6 anni e li “suonavo” su scatole di cartone e barattoli di latta, fino a spaccarli, distruggerli. Un’infatuazione bambina, istintiva e purissima, quella per la batteria. La scelta è venuta dopo, quando, con la maturità, ho confermato questa passione, che richiede disciplina e costanza. Sono passati oltre quarant’anni e il mio amore per le percussioni è rimasto lo stesso.
Mestoli come bacchette sui barattoli: dal rumore alla musica. Ma qual è il confine tra le due cose?
Una domanda che può prevedere più risposte: in assoluto, vedo il suono come cosa ordinata e il rumore come cosa disordinata. La stessa batteria, di cui diciamo spesso «ha un bel suono» o «suona bene», prevede una certa dose disordine, priva com’è di frequenze ben precise (pensiamo al complesso “disordine” di un rullante: che differenza rispetto al contenuto armonico netto e discreto della nota di un pianoforte!). Poi c’è il piano dell’emozione: e qui i confini tra rumore e suono sfumano, si confondono, si sovrappongono. Un usignolo che canta è un suono: o forse un rumore? Il mare che romba è un rumore: o forse un suono? Per ultimo, il rumore “accade”, mentre la musica si cerca, come fruitori, o si crea, come compositori.
Con un colpo di bacchetta magica, puoi introdurre nel mondo una nuova tecnologia in ambito musicale: quale scegli?
Mi capita di sognare, o meglio di creare in sogno, in maniera misteriosa e onirica, composizioni straordinarie, ben al di sopra delle mie facoltà e capacità da sveglio, che però poi fatalmente dimentico al risveglio. Quanto sarebbe utile un dispositivo in grado di registrarle!
A proposito di sonno e di veglia, come si svolge la giornata di un musicista? Qual è la tua routine quotidiana?
Sveglia verso le 7, caffè per iniziare, preparazione per essere in studio non troppo dopo le 9: lavoro a ritmi intensi fin verso mezzogiorno, poi un’ora di ginnastica e pranzo. Nel pomeriggio, dopo una mezz’ora di riposo, passo allo studio della batteria. Cerco di non lavorare oltre le 7 di pomeriggio e di non avere impegni la sera. C’è stata, in passato, una lunga fase della mia vita in cui tutto era molto confuso, senza confini precisi tra la vita e il lavoro: ho dovuto, e voluto, portare ordine. La disciplina è – oltre ogni retorica un po’ ingenua sul genio e sulla sregolatezza della musica – alla base di quest’arte. La sera? Ogni tanto, un’ora di tennis, mia grande passione.
Se fossi un piatto, quale piatto di Cascina Ovi saresti?
Sarei lusingato di essere qualsiasi piatto della Cascina.
Dai, sii più specifico!
Vorrei essere un piatto in grado di stupire, di essere sorprendente nella sua semplicità, anzi grazie alla sua semplicità. Una buona tartare di pecora, ecco! Ambire a essere unici e, insieme, appetibili o fruibili a tutti: questo è forse il punto di incontro tra arte culinaria e arte musicale.